domenica 22 marzo 2009

IL" CAMERATA GIANFANCO FINI" OGGI SCIOGLIERA' DEFINITIVAMENTE ALLEANZA NAZIONALE DIMENTICANDO ANCHE GIORGIO ALMIRANTE



Oggi comincia il congresso che farà nascere ufficialmente il partito unico del centrodestra, il Popolo della libertà in cui si sciolglieranno Forza Italia e Alleanza Nazionale. Molto atteso l'intervento di Gianfranco Fini, che chiuderà l'evoluzione dei postfascisti, dopo l'Msi e An, entrano e si mescolano con i forzisti nel Pdl.

Gianfranco FiniSvolte e sbagli del Ventennio di Gianfranco
di Alessandro De Angelis

Gianfranco Fini al termine di una riunione con i colonnelli di An ieri ha avvertito: «Non entreremo per dire signorsì». Qualche giorno fa il fedelissimo Donato Lamorte aveva detto: «Se Fini dicesse al congresso “non se ne fa più niente, resta An”, il 99 per cento sarebbe d’accordo». Finisce An. Inizia il Pdl. Fini domani dismetterà l'abito istituzionale per indicare l'orizzonte al suo popolo. È una «svolta storica». Già, la svolta. Che ci si creda o no, va fatta. Come tutte, nel ventennio finiano.

Mandando indietro la pellicola si vede Gianfranco Fini - all’inizio degli anni Novanta - che invita i suoi a votare contro i referendum di Mario Segni per abolire la preferenza unica. Poi arriva il ’93, Berlusconi lo sceglie. È la vera svolta. Lui si mette in scia. Il Cavaliere è la balena dietro la quale Fini inizia la navigazione da pesce pilota. Se si allontana dalla scia rischia, e non poco. Ma lui a fare il secondo non ci sta. Tante le svolte. Meno le revisioni. Dichiara che «Mussolini è il più grande statista del secolo» o che «la libertà non è sempre un valore da difendere prioritariamente».

Un anno dopo c’è Fiuggi. Quattro anni dopo, nei questionari per sondare l’humus della base, emerge che i suoi, di fatto, sono ancora fascisti. Ma la svolta è fatta. Una volta sdoganato, Fini tenta di allontanarsi dalla scia della balena. Nel 1996 - contro tutti e contro Berlusconi - impone il ricorso alle elezioni anticipate affondando il progetto di un governo Maccanico per le riforme. Le elezioni vanno male. E le riforme non si fanno. Ma lui porta il partito sulle montagne russe per affrancarsi dal Cavaliere. Prima del congresso «teorico» di Verona del ’98 altra svolta: «Se fossi stato un ventenne nel ’43 non avrei aderito alla Rsi» dice. Però a Verona la scena gliela ruba Berlusconi che regala ai delegati il Libro nero del comunismo. Un deputato allora finiano afferma: «Rimasi colpito da una frase di mio padre che mi disse: se Berlusconi è il più anticomunista di tutti voto lui». L’antifascismo nel corpo del partito non passa, ma Fini non vuole stare in scia.

La nuova svolta ha il nome di Mario Segni. Con lui Fini ingaggia la battaglia referendaria per abolire la parte proporzionale della legge elettorale. Berlusconi si tiene defilato. E Fini lo sfida in diretta tv durante lo spoglio: «Se vince il sì serve una verifica nel polo». Ma il quorum non viene raggiunto. Ma lui alla svolta non rinuncia. Alle europee del ’99 dà vita all’Elefantino, un cartello elettorale con Mario Segni: «Non è solo un accordo elettorale con Segni, ma l’inizio di una battaglia politica contro il neocentrismo» afferma. E lancia, ancora una volta, un guanto di sfida al Cavaliere: «Quando si porrà la questione della candidatura a premier nel polo saranno necessarie le primarie». Le europee vanno male (An perde cinque punti). Quanto basta per tornare nella scia di Silvio.
Eppure Fini non ci sta alla parte di eterno secondo. Punta sull’immagine, più che sul partito. Nuova svolta nel 2003. Nella sua visita a Israele la frase «il fascismo è il male assoluto» non la pronuncia - come ha ricordato Pierluigi Battista sul Corriere - ma si limita ad annuire alla domanda di un cronista. Poi però cavalca l’onda. Una svolta dopo l’altra, sempre più ad effetto, sempre più imprevedibili. Alla vigilia del referendum sulla procreazione assistita dichiara che avrebbe votato sì al quesito che intendeva abrogare la legge del centrodestra. Va male. Azzera i dirigenti che lo avevano criticato al bar, senza accorgersi della presenza di un cronista. Pure nel governo chiede «discontinuità» ovvero la testa di Giulio Tremonti. La ottiene. È la svolta del «subgoverno» con Casini. Poi però Tremonti - dopo un anno esatto - torna al governo. E tornano i colonnelli in An.

Fini torna in scia in vista delle elezioni del 2006. Ma il dopo elezioni è un redde rationem col Cavaliere. Berlusconi dal predellino in piazza San Babila scarica tutti e annuncia il nuovo partito. Fini rompe: «Siamo alle comiche finali». Attacca su tutto. Va pure a Matrix per dire che con Berlusconi è finita. In un fuorionda mandato da Striscia si vede che dice: «Ho menato come un fabbro». Domani finisce An. Fini torna in scia. Sul predellino.
DA IL RIFORMISTA DEL 22 MARZO 2009

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